La chiesa parrocchiale

La chiesa parrocchiale dei Santi Giovanni Battista e Stefano

Le fondamenta dell’attuale chiesa parrocchiale furono gettate nel 1750, quando era parroco Carlo Giuseppe Maiocchi. Sorge dove precedentemente vi era la chiesa di S. Stefano. La costruzione poté considerarsi quasi del tutto ultimata solo nel 1787, anche se la data che si trova scolpita sulla parete esterna dell’edificio, sopra il coro, è il 1783. L’architetto Giulio Gallori eseguì i disegni e diresse i lavori. Il coro ligneo con stalli in noce, che corona l’abside, apparteneva alla chiesa di S. Maria in campo, nella quale venne posto nel 1596 per volere di Pietro Consalvo de Mendoza, feudatario di Binasco: fu trasferito nella chiesa parrocchiale dopo il 1805, anno in cui il convento francescano fu soppresso e divenne possesso del Demanio.

Negli anni 1934-35, il parroco Davide Perversi ne curò il restauro, arricchendolo di pregevoli pannelli, opera del trevigliese Giacomo Bellotti, su disegno del pittore e decoratore binaschino Luigi Migliavacca. Vi sono raffigurati i quindici misteri del Rosario, il miracolo della neve del beato Baldassarre Ravaschieri da Chiavari, la vista della beata Veronica a papa Alessandro VI e l’incontro tra il beato Gandolfo Sacchi e San Francesco d’Assisi. Dallo stesso convento provengono la balaustra, che ora delimita l’altare della Madonna del Rosario e lo stemma dei Mendoza, murato a sinistra dell’ingresso, inciso nel marmo nel 1592 a ricordo dei lavori di ampliamento dell’abside, fatti eseguire da Pietro Consalvo nella chiesa di S. Maria in Campo.

Due pregevoli opere d’arte, appartenenti allo stesso convento, furono trasportate nella parrocchiale: l’effigie in rilievo della Madonna con il Bambino, eseguita nella prima metà del Quattrocento, originariamente murata nel chiostro vecchio, fu dapprima esposta nell’edicola ancora esistente presso la colonna di granito, che segnava il limite del piazzale della chiesa di S. Maria in Campo, e poi posta nel cortile antistante la canonica. Vuole la tradizione che sotto questa immagine fosse solito trattenersi il beato Baldassarre Ravaschieri, che in questo atteggiamento venne fatto scolpire nel marmo di Saltrio dai suoi  devoti subito dopo la morte. Secondo la tradizione, la scultura fu commissionata ad Antonio Amadeo (1447-1522) e fu posta dai Minori appena sotto il rilievo della Vergine. Trasferita nella parrocchiale, la si può ammirare sul lato sinistro dell’altare della beata Veronica. Della stessa provenienza e dello stesso stile del coro è il pancone, situato sul lato sinistro del presbiterio. Il medaglione della grande cupola al centro della navata ospita un affresco del pittore Schieppati: fu eseguito tra il 1784 e il 1788 e rappresenta la gloria di S. Stefano davanti al Cristo. Sulle quattro vele sottostanti Luigi Migliavacca affrescò nel 1945 gli Evangelisti; all’arte del Migliavacca si devono molti dei restanti affreschi e tutto l’ornamento decorativo. Sopra l’altare che conserva le spoglie della beata Veronica, una bella pala, proveniente dal convento di Santa Marta di Milano, opera tardo seicentesca del perugino Luigi Pellegrini, detto Scaramuccia. Il dipinto raffigura la Beata in estasi in mezzo agli Angeli mentre stringe al cuore, con le mani incrociate, un ramo d’ulivo; intorno, i simboli del mistero della sua santità: la Croce, la pisside e il pane; alle sue spalle sta il beato Ravaschieri, confessore e guida spirituale di Giovanna Negroni prima che fosse accolta tra le Agostiniane.

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